Il vascio è la struttura abitativa più caratteristica della città di Napoli, è il palcoscenico su cui hanno scelto di sfilare gli sguardi severi di Eduardo De Filippo, l’ironia di Totò, l’inchiostro della Serao e la fiabesca fantasia di Gianbattista Basile che dona il suo nome alla strada che ospita uno degli AristoVasci. Il vascio, nido di povertà e di autenticità è anche luogo d’incontro che si estende sino ai confini dei tanti vicoli di Napoli, in cui l’interno si confonde con l’esterno perché la porta di casa è sempre aperta e la comunità diviene ben presto famiglia. In questo intervallo geografico, fermo in un eterno presente, si alternano le chiacchiere delle “commare”, i fili dei panni stesi, l’odore penetrante del ragù e le grida degli scugnizzi che confondono la strada con lo stadio.
L’AristoVascio è un neologismo paradossale che indica per definizione il “migliore dei vasci” in cui l’eleganza aristocratica si coniuga con la sua veridicità e spoglia l’oggetto architettonico dalle sue negatività strutturali esaltandolo nelle sue positività. Aristos non indica solo il lussureggiante ambiente bucolico in cui è inserita la struttura, né esprime solo la cura per ogni dettaglio nell’arredamento e nella manutenzione degli ampi spazi ma è molto di più è la migliore e più autentica esperienza abitativa che Napoli possa offrire. Se Goethe affermava “ Vedi Napoli e poi muori”, noi crediamo invece nelle parole di A-J Strutt: « Vedi Napoli e vivi, perché c'è molto qui, degno di essere vissuto ».